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Brancaleone ed il gelsomino

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Le gelsominaie ed i gelsomini di Brancaleone sono uno spaccato di storia meravigliosa, che avuto il suo massimo splendore negli anni ’50/’60.
 
Un periodo aureo ai fini occupazionali per la comunità di Brancaleone e del suo comprensorio in quanto aveva legato la sua economia alla coltivazione di questo prezioso fiore e della sua essenza. Un fiore profumatissimo e delicato, che per le sue peculiarità era riuscito a valicare i confini nazionali ed affermarsi con grande successo in tutti i mercati internazionali dell’industria profumiera.
 
Giuseppe Fava, scrittore e giornalista di Brancaleone nonchè nostro socio veterano, ha riproposto tempo fa, la storia del gelsomino e le dinamiche ad esso legate in un volume dal titolo “Profumo di Gelsomino”.
 
Fra gli stralci del suo libro, Fava descrive così la vita delle gelsominaie ed alcune curiosità:
 
“La gelsominaia, cioè l’addetta alla raccolta del fiore, era una donna fra i quindici e i cinquanta anni di età, di media statura, ma comunque molto resistente alle intemperie. Per l’azienda lavoravano da tremila a quattromila persone nel periodo fra maggio e ottobre di ogni anno.
Raggiungevano nel territorio fra Condofuri e Locri il posto di lavoro, su grossi camion intonando la calabresella ed altre canzoni in voga a quei tempi. In pratica Brancaleone, nelle ore mattutine fra le due e le quattro era inondato dalla musica e dagli odori gradevoli dei gelsomini. La vita delle gelsominaie era sacrificata con un guadagno basso, 280 lire al chilo di fiore nell’anno 1964 dopo varie lotte sindacali. Questa contadinella affrontava fatiche inimmaginabili oggi. Le sofferenze giornaliere la plasmavano, la formavano. Stava a piedi nudi a contatto con la terra e lavorava incessantemente dalle due del mattino fino alle dieci, cioè otto ore. Raccoglieva il fiore con mani dolci, delicate e vellutate, poi quando aveva sete chiamava i portatori d’acqua, in genere ragazzi/e fra gli otto e i quattordici anni, che immediatamente andavano a dissetare. Tutto si svolgeva nell’ambito di quei cinque ettari di terra isolata, perché tutta quella zona umida e infestata da insetti era considerata malarica. Immaginate quante morivano per questa terrificante malattia. Le lotte sindacali erano, dunque, all’ordine del giorno”. La gelsominaia nasceva, cresceva, amava e moriva in silenzio e non inquietava nessuno. Sapeva convivere con la sofferenza e nei tormenti ritrovava se stessa”. Secondo il parere di un’anziana gelsominaia, per arrivare a totalizzare 1Kg del prezioso fiore era necessario raccogliere circa 7.300 fiorellini (chiamati con l’appellativo di “concreta”).
 
 
 
 
 
 
Foto: Archivio Mediati e Iriti
Testo: Giuseppe Fava

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